Alcune religioni
orientali dimostrano un tale rispetto per gli animali che i suoi adepti sono forniti di fazzoletti con cui si
coprono la bocca ad impedire l’involontaria ingestione di qualche piccolo
essere. Così il GIAINISMO che conta alcuni milioni di fedeli i
quali vedono in Mahavira (il grande eroe), il loro fondatore, mentre disconoscono i
Veda ed il Brahmanesimo. La loro dottrina si basa essenzialmente sul rispetto
totale per qualsiasi essere vivente, persino del più piccolo insetto. Sono
perciò vegetariani e filtrano persino l’acqua per non rischiare di ammazzare
microrganismi in essa presenti. L'idea che gli
animali siano anch'essi soggetti di
diritti, sembra non aver neppure sfiorato la mente degli occidentali, della loro
filosofia e delle loro religioni. Eppure noi abbiamo un cervello che, sino all’ipotalamo, è abbastanza simile a quello
degli altri mammiferi, tanto è vero che si chiama mammaliano. Insomma gli animali superiori mancano della corteccia,
cioè della capacità d’astrazione e dell’uso della parola e del pollice
opponibile ma, per il resto, sono
abbastanza simili a noi. Significa che condividono con noi i sentimenti come
l’amore, l’odio, la gelosia, il piacere,la paura. Ma anche gli animali
cosiddetti inferiori soffrono e temono la morte. Anzi un grande
filosofo come Nietzsche considera la
vita come una lotta per l’esistenza che riguarda tutti gli esseri viventi
interpretando in modo globale la teoria ormai accettata da tutti i biologi del
mondo di Charles Darwin. Dalle amebe
ai lombrichi, dai pesci agli anfibi, dagli uccelli ai mammiferi, c’è
nell’Universo intero, un ordine straordinario che predilige non il più forte ma
il più adattabile all’ambiente in cui vive. Avrebbero dovuto spiegarlo a Hitler, che interpretò a suo modo la teoria nietzschiana del
superuomo!
Ancora oggi
le sofferenze che vengono inflitte
agli animali dagli esseri umani, sembrano cosa ovvia e perfettamente naturale, e trovano
consenzienti anche molti filosofi quali, con l’eccezione, forse, di
Montaigne, esclusero gli animali e i loro diritti dalla sfera dell’etica.
Io non sono contrario
alla vivisezione per scopi scientifici
quando la si attui correttamente e cioè anestetizzando totalmente
l’animale, ma solo oggi sembriamo accorgerci dei diritti dei nostri
fratelli “minori” Un esempio
d’insensibilità nei loro confronti lo trovo sfogliando internet e
incappando nella "favola dei
suoni" di Galilei che, ne “Il
Saggiatore”,descrive la vivisezione di una cicala compiuta
certo a scopo scientifico, ma senza che
le sofferenze inflitte all'animale vengano prese minimamente in considerazione
.
Ed anche in tempi recentissimi sia la religione
che la Scienza sembrano infischiarsene dei dolori perfino dei loro simili se è vero, com’è vero, che lo
psichiatra Cerletti, nella prima
metà del Novecento, sperimentò la pratica dell'elettroshock dapprima
sugli animali condotti al macello, indi sui detenuti delle patrie galere.
Tornando agli animali,
ci accorgiamo che la filosofia moderna, pur ignorando, nella maggior parte dei
casi, un’esclusione di essi dalla sfera
dell’etica, pure pone le basi, con Leibniz
per esempio, per un rispetto totale verso tutti gli esseri viventi.
Egli, nel secolo
diciassettesimo contrastava in pieno con le teorie di Cartesio e Spinoza che
ritenevano gli animali privi di anima con tutte le limitazioni che io
personalmente assegno alla parola
“anima”. Ma, al tempo, era una discriminante essenziale.
In verità Montaigne aveva
osteggiato esaurientemente e
caparbiamente il maltrattamento degli
animali ma Cartesio, che pure
conosceva le obiezioni di Montaigne, liquidò superficialmente considerandola priva di interesse. Molto più attento ai problemi etici, Spinoza ne trattò più diffusamente ma
“rinvenendo dei ragni, amava farli combattere tra loro, oppure, rinvenendo
delle mosche, le gettava nella ragnatela e osservava la battaglia con immenso
piacere, a volte ridendo».
Egli considerava un male la
compassione in quanto essa è un sentimento non idoneo a guidare le
azioni umane, mentre solo la ragione può essere deputata a tale scopo.In
secondo luogo la compassione comporta dolore, mentre è compito di ciascuno di noi ricercare il proprio piacere. Insomma
come le nozioni razionalistiche di
Cartesio (il suo “cogito ergo sum”) sono
la consapevolezza di identità personale, così la
valutazione dell’empatia, e più in
generale del sentimento, è, per Spinoza,
prerogativa unica degli umani. La posizione di Leibniz era invece diversa. Egli criticava la dicotomia
espressa nelle dottrine di Cartesio e Spinoza, tra mente e materia, tra “res cogitans e
res extensa” tra razionalismo ed empirismo. Egli sottolineava invece la
continuità tra l'intelletto e l’esperienza empirica dei nostri sensi, tra la vita cosciente e quella inconscia,
individuando negli animali
una forma di vita diversa solo nel grado da quella dell'uomo. E, tenne
sempre fede ai propri principi:
“ Leibniz non uccideva
le mosche, per quanto moleste potessero essergli, perché gli sembrava un
delitto distruggere un meccanismo tanto ingegnoso».
Come riferisce Kant, che con la “critica della ragion pura”, avrebbe sanato le tesi
discordanti dei razionalisti e degli empiristi,
“Leibniz, servendosi di un foglio, riportava
sull'albero un piccolo verme, su cui aveva compiuto le sue osservazioni,
affinché per sua colpa non gliene venisse alcun danno. Distruggere questa
piccola creatura senza ragione, non avrebbe potuto non turbare un uomo”.
Oggi la moderna etologia classifica in modo chiaro la differenza
tra animali generalisti, dotati cioè di una mente pensante (gatto, cane, polpo)
e animali specializzati a reagire a uno stimolo sempre nello stesso modo (la
cozza che chiude le valve senza dover ragionare). Ma, al di fuori di ogni
considerazione anatomica, il rispetto verso ogni forma di vita dovrebbe essere
presente in ognuno di noi tale è la perfezione che esiste in ogni essere , animale
o pianta che popoli il nostro bel
pianeta.
A coronamento di questo mio breve scritto buttato giù in fretta,
voglio riproporvi una mia vecchia poesia che immagina un ragno pensante,un progetto gettato
proprio come l’uomo nell’immensità dell’Universo:
IL RAGNO
T’aspetto, dolce aurora, alla finestra,
scruto tra i rami un segno, quel
bagliore
che mi ridesti dalla notte mesta,
che fughi la tristezza dal mio cuore.
Finora m’ha tenuto compagnia
un ragno ballerino che tesseva
lesto leggiera tela e levitava
e al suono dei miei ansiti danzava.
Un soffio un po’ più forte, un movimento
e lui si ferma immobile a scrutare.
Sembra si chieda che cos’abbia in testa,
dove lo porti questo lento andare.
Che vuoi pensare ragno ballerino
con quel cervello tanto limitato?
Lo stesso errore l’ho già fatto io,
Sommerso come te nel gran Creato.
Torna a danzare sulla lieve tela
ch’è trappola di mosche e di zanzare
ma che l’incanto della notte mesta
ha trasformato in pista per ballare!
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